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IL CONFLITTO NELLA COPPIA

Nella costruzione della relazione di coppia è fondamentale come ognuno dei partner si pone di fronte al conflitto, affinché le differenze di cultura e di modelli di provenienza, le divergenze di pensiero, di opinioni e di scelte pragmatiche divengano uno stimolo sia per la crescita individuale che per quella di coppia.

 

La coppia, nell’evolversi della sua storia, è quindi soggetta a tensioni dovute sia a pressioni interne (sfide evolutive del ciclo vitale), che esterne (cambiamenti dovuti al contesto sociale e lavorativo, eventi inattesi..).

Poiché la coppia possa superarle, sono fondamentali la qualità dei suoi confini, le modalità comunicative, le capacità di negoziazione...

 

 

Parlando di conflitto non si può evitare di fare riferimento al tema delle differenze. Ogni individuo, nella quotidianità, è continuamente messo alla prova nella sua capacità di riconoscere, accettare e tollerare tutto ciò che non ha caratteristiche assimilabili o sovrapponibili a quanto gli appartiene e gli è noto. Il riconoscimento della nostra unicità e la possibilità di riconoscere l’unicità di cui sono portatori gli altri non solo rappresentano la modalità più ricca di apprendimento, ma anche promuovono la capacità di rispettare e accettare i confini che ci distinguono da tutto ciò che è altro da noi. Naturalmente, questo passaggio è realizzabile nella misura in cui l’individuo ha precedentemente imparato ad integrare dentro di sé le differenze di cui lui stesso è portatore.

Il conflitto nasce dalla gestione delle differenze. Pertanto, il conflitto è un elemento costitutivo della vita di ogni individuo. Ogni persona posta di fronte a delle scelte operative, ma soprattutto nel compiere i passaggi evolutivi, si trova ad affrontare l’ambivalenza tra ciò che desidera realizzare e ciò che teme di perdere attraverso il cambiamento. La consapevolezza del passaggio consente di operare la scelta più adeguata in quel preciso momento di vita, in rapporto alle risorse disponibili e nel rispetto del contesto relazionale in cui quel passaggio va ad inscriversi. In assenza di una capacità elaborativa le persone rimangono bloccate e non riescono ad operare alcuna scelta, paralizzate in una distruttiva indecisione sul da farsi.

E’ evidente come il processo evolutivo, con i suoi passaggi critici, non sia mai una questione solo individuale, ma risenta in modo decisivo del contesto ambientale, sociale e relazionale in cui si realizza.

 

Confrontarsi con ciò che è differente da noi non è affatto semplice, tant’è che, ad esempio, molte coppie si costruiscono sulla base di una ricerca a volte assoluta di condivisione senza riserve della visione del mondo, degli hobbies, degli stili di vita, come se si volesse evitare la possibilità di confrontarsi con l’altro e quindi eliminare le occasioni di scontro.

In altre situazioni è questo stesso timore di scontrarsi che fa sì che le coppie, con il trascorrere del tempo, mettano in campo più o meno consapevolmente delle modalità di evitamento del conflitto che, pur partendo dalla speranza di salvare il rapporto da una possibile frattura, finiscono invece nella migliore delle ipotesi per posticipare l’inevitabile impatto con situazioni conflittuali o per costruire delle modalità di funzionamento di coppia a volte altamente disfunzionali.

 

La nascita di un figlio, per esempio, costringe la coppia a rivedere la sua organizzazione, la sua intimità, e la diade deve essere capace di accogliere un terzo che turba gli equilibri raggiunti.

Ciò che permette a due persone di poter discutere e confliggere, nel rispetto delle reciproche differenze, è il livello di differenziazione raggiunta. Schnarch (1998) afferma che “la differenziazione è un processo lungo quanto la vita attraverso il quale sperimentiamo la nostra unicità, mantenendoci in rapporto con quelli che amiamo” e ancora “più siamo differenziati, più è forte il nostro senso del sé; meglio riusciamo a rimanere integri nei conflitti con il nostro partner, più intimità riusciamo a tollerare con qualcuno che amiamo senza paura di perdere il senso di chi siamo come singoli individui”.

 

Il conflitto può però assumere forme disfunzionali e coinvolgere i figli.

 

L'EVITAMENTO DEL CONFLITTO o conflitto tacito

E’ la tendenza della famiglia a cooperare, con meccanismi di evitamento, per nascondere la conflittualità e il disaccordo, in modo che rimanga latente, non esploda mai apertamente o comunque non si risolva. (STALLO DI COPPIA)

L’esplicitazione chiara delle tensioni emotive, vissuta minacciosamente specie se di tipo conflittuale, deve essere contenuta e impedita, mai esplicitata o verbalizzata, perché può esporre a rischi e a paure inaccettabili.

In questa situazione i coniugi tendono a rinforzare ogni comportamento disfunzionale del figlio perché l’avere a che fare con lui li aiuta a sviare o sommergere i loro problemi di coppia nei problemi specifici della loro funzione genitoriale.

L’evitamento del conflitto è definito dalla Scabini (1995) , che riprende un lavoro di Raush e Barry (1974), “come una modalità di rapporto che tenta di eliminare il confronto mediante la negazione del problema attuata con una distorsione della situazione che annulla le differenze: in questo modo i due partner evitano un confronto diretto. Benché le tecniche di evitamento, se usate massicciamente, inibiscano la crescita e lo sviluppo della relazione, precludano la possibilità di apprendere e di differenziare alcuni aspetti dell’altro e così di modificare la propria relazione, non si può affermare in assoluto che esse provochino una situazione coniugale distruttiva e instabile. Povertà della comunicazione e incapacità di risolvere i problemi congiuntamente, spesso non precludono possibilità di relazioni soggettivamente soddisfacenti per i partner. Alcune coppie sembrano particolarmente abili nel mantenere modelli di evitamento, almeno nei primi anni di matrimonio, senza che insorgano per questo gravi problemi. Queste coppie, nella loro vita quotidiana, tendono ad evitare il coinvolgimento interpersonale”.

Il CONFLITTO PERENNE

E’ un conflitto assoluto, vissuto come irrisolvibile, ognuno rimane arroccato sul proprio punto di vista senza poter uscire dal vincolo autoriflessivo.

Le coppie che sfociano nel conflitto perenne sono coppie caratterizzate da una qualità del legame che, sin dal suo esordio, si distingue per l’incapacità da parte dei partner di rielaborare le iniziali aspettative di cambiamento proiettate durante la fase dell’innamoramento nell’altro. La loro vita di relazione è stata contraddistinta nel corso degli anni soprattutto da sentimenti di delusione: l’altro non solo non è stato capace di aiutare il partner a modificare alcune delle sue caratteristiche, ma non è stato neppure in grado di cambiare qualcosa di sé. A questo punto la soluzione è: o continuare a sperare che l’altro cambi, o eliminarlo.

Sono coppie caratterizzate da un’alta conflittualità e l’obiettivo è farsi reciprocamente la guerra, per definire vinti e vincitori. È proprio a queste dinamiche relazionali che fa riferimento Cigoli (1988) quando parla di legame disperante, che unisce due ex coniugi che non smettono di sperare in un cambiamento dell’altro, e di famiglie scismatiche, laddove il conflitto è centrato sul possesso totale ed esclusivo dei figli da parte di un solo genitore il quale, al fine di eliminare l’altro e l’altra stirpe dalla vita dei figli, non permette alcun accesso ad accordi relativi alla condivisione della genitorialità.

Il conflitto perenne può innescarsi quando in una coppia si è sciolto il patto ufficiale mentre non si esaurisce il patto segreto e non è possibile elaborare il lutto del patto infranto.

Può assumere due forme:

1) qualcuno nella coppia non riesce a smettere di sperare in quel legame, è una difesa rispetto al dolore della fine, per l’insorgere di paure di isolamento, un’estraniazione vissuta come pericolosissima 

2) qualcuno deve a tutti i costi salvare sé stesso come capace di legame, per cui proietta sull’altro in forma scissa le parti negative della crisi vivendo l’altro come male terrifico, negando le qualità della storia e le proprie responsabilità in essa.

Il conflitto può essere alimentato dall’interazione disfunzionale con le famiglie d’origine. La coppia nel suo formarsi, dovrebbe riuscire a distaccarsi dalla famiglia, ponendo confini chiari ma non rigidi. Quanto più la relazione con la famiglia d’origine sarà spostata verso gli eccessi del coinvolgimento eccessivo (invischiamento) o della separazione netta tanto più probabile saranno i motivi di litigio entro la coppia.

Loriedo C. e Strom P. (1999) parlano dei conflitti che possono innescarsi tra la coppia e le famiglie d’origine, in cui ciascuno dei due coniugi ingaggia la sua battaglia con la famiglia d’origine del partner e il conflitto tende a protrarsi nel tempo, e conflitti fra le famiglie di origine: conflitti più devastanti in cui la coppia finisce col subire il danno più grave, spesso senza essere direttamente interessata dalle ragioni del conflitto.

Whitaker definisce la dinamica relazionale della prima forma di conflitto triangolazione con la famiglia acquisita. 

 

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